
Homeless, 2007
Ho pensato ai paesaggi urbani come luoghi popolati da contenitori protettivi. Esterno che si può mostrare e interno che si cela e ci protegge.
“Rimanere fuori”, quando i luoghi si chiudono, realmente e metaforicamente, è come dormire all’addiaccio.
Il disagio cresce riflesso sui vetri chiusi di una finestra.
Innocent lies, 2007


L’estasi? Momento trascendente nell’accezione classica. Uscire da sé e lasciar viaggiare il proprio corpo. Io la intendo come potere del pensiero stimolato dalla parola, dalle storie che possiamo inventare, che possono raccontarci e che possiamo raccontare.
Ripenso alla sbiadita “utopia” di Mao Zedong in cui menzionava una sorta di aggeggio, indossabile come zaino, che ci avrebbe permesso di volare sopra le città troppo trafficate. A questa immagine affianco Fra’ Giuseppe da Copertino, del quale si racconta volasse a pochi metri da terra, immagino di notte…
E poi chi non vorrebbe essere lucciola luminosa almeno per una notte?
L’estasi come pneuma che attraversa il corpo e scappa via, parola breve e inutile quanto evocativa, piacere concentrato nell’attimo di una visione irripetibile e autoreferenziale… quel profumo che non ti posso descrivere.
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